«Il posto migliore per nascondere qualcosa è in piena vista». È forse Edgar Allan Poe, e la sua Lettera rubata è la lente migliore per leggere la storia di Matteo Messina Denaro e (ma anche no) di Andrea Bonafede, quella del boss più temuto della criminalità organizzata internazionale e quella di un geometra timido che dava i salvagenti ai ragazzini in un acquapark sfigatissimo dell’entroterra siciliano. Perché questa non è la storia di una fuga ma, piuttosto, quella di una sostituzione. È la più grande caccia degli ultimi trent’anni a un uomo che, però, non c’era. Semplicemente perché era diventato un altro.
