A Carini l’acquedotto di Cosa nostra gli abusivi pagavano la bolletta ai clan

Non solo estorsioni, traffico di droga e di armi. La famiglia mafiosa di Carini gestiva illegalmente una fetta della fornitura di acqua potabile nel comune di Carini. Per 115 famiglie che vivono in case occupate l’unica alternativa era l’acqua di Cosa nostra, venduta a peso d’oro. Non c’era scelta: chi abitava in quelle palazzine doveva sottostare alle imposizioni del clan. Altrimenti scattavano minacce e ritorsioni. Erano i boss a decidere a chi aprire i rubinetti di casa. La rete idrica comunale non copre quella zona del paese, chi ha costruito non ha pagato gli oneri di urbanizzazione e dunque l’unica scelta per non rimanere a secco è sottostare ai clan. Ieri all’alba i carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo di Palermo hanno messo fine al business dell’acqua che ha fruttato ai clan decine di migliaia di euro. I militari hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip Fabio Pilato su richiesta dei magistrati della Dda, nei confronti di cinque persone, quattro delle quali finite in carcere e una ai domiciliari con il braccialetto elettronico, accusate a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso e reati in materia di armi.