Li chiamano i prelevatori e, nell’ambito dell’inchiesta sull’oro sporco di Cosa nostra, sarebbero stati figure minori ma essenziali per far sì che gioielli rubati e fusi in lingotti potessero essere poi venduti per «ripulire» i guadagni della famiglia Luca. Nelle carte che hanno portato al sequestro d’urgenza per oltre 15 milioni nei confronti di 17 indagati si fa riferimento alla «collaborazione di una pluralità di soggetti compiacenti, che, dopo essersi prestati per l’apertura a loro nome di un conto corrente postale, si rendono disponibili ad effettuare – dietro compenso – continue operazioni di trasferimento e prelevamento in con-tanti delle somme… accreditate sui predetti conti, secondo le indicazioni… di Vincenzo Cinà e Salvatore Di Simone», fra gli indagati dai magistrati.
