La trattativa materialmente l’avrebbero fatta in dieci: cinque mafiosi, quattro uomini dello Stato e un personaggio del mondo imprenditoriale, Marcello Dell’Utri. Un palermitano che agiva e faceva da mediatore — sostiene la Procura di Palermo — con Silvio Berlusconi, pure lui oggetto del ricatto, nella qualità di presidente del Consiglio appena nominato: i benefici a lui richiesti erano «condizione ineludibile per porre fine alle stragi». Non solo. Fra gli accusati, se fossero ancora in vita, ci sarebbero anche l’ex capo della polizia, Vincenzo Parisi, e l’ex vicedirettore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Francesco Di Maggio. Ma sono morti entrambi nel 1996.