La lupara bianca. Il sistema prediletto dalle cosche della ‘ndrangheta per liberarsi di picciotti troppo “autonomi” e di fiancheggiatori “inaffidabili”. L’eliminazione “silenziosa” non crea infatti allarme sociale e serve a lanciare un messaggio terrificante a tutto il sottobosco criminale: chi meriterà di morire non avrà una tomba su cui i propri cari potranno inginocchiarsi a pregare. La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha fatto luce su due sparizioni avvenute lungo la fascia ionica posta a cavallo tra le province di Cosenza e Crotone. Si tratta delle morti di Salvatore Di Cicco, detto “Turuzzu sparami in pettu”, cassanese, svanito nel nulla il primo settembre del 2001 a Crucoli e di Andrea Sacchetti, rossanese, assassinato il sei febbraio di quello stesso anno nella Sibaritide. Il primo fatto fuori per timore che potesse pentirsi o fare da “confidente” alle forze dell’ordine; l’altro perchè era entrato in contrasto con un capobastone locale e rischiava di trasformarsi in un pernicioso “nemico”.