Favorì il racket, non può lavorare sulle auto della polizia

Chi è stato condannato per non avere denunciato il racket del pizzo, dun­que per avere favorito i propri estorto­ri, non può lavorare per la polizia e per il ministero dell’interno: non ha i re­quisiti morali, è «inaffidabile e incom­patibile» con un lavoro delicato come quello di adattare le automobili civili ai colori di istituto delle forze dell’or­dine, montando tutti i dispositivi ne­cessari, dalle sirene alle serigrafie «uf­ficiali». E poco importa se la condanna risale a epoca remota ( 15 anni fa) e se la pena sia stata di soli 4 mesi. Il Cga conferma, con una sentenza durissi­ma, le decisioni adottate dalla prefet­tura nei confronti del titolare di una concessionaria di automobili, escluso da un appalto (che aveva vinto) pro­prio perché nel suo passato era stata individuata quella macchia, conside­rata non da poco. La decisione è del collegio presieduto da Rosanna De Nictolis, relatore Nino Caleca.