Il boss tradito dal “pizzino”. «È stato solo un mio errore»

Per un po’ ha pensato di essere stato tradito. Le manette scattate quando non se lo aspettava, mentre con un documento e un nome falso andava a fare la chemioterapia in una delle più note cliniche di Palermo, La Maddalena, l’hanno insospettito. «È stato tradito Gesù Cristo», commenta ironico Matteo Messina Denaro con i magistrati che il 7 luglio sono andati a L’Aquila per interrogarlo. «E allora il colonnello mi ha detto “le assicuro che non l’ha tradita nessuno” e io non gli ho creduto. Poi ragionando ho detto: vero è. Ho letto le carte e mi sono fatto pure una logica». E la logica dell’ultimo stragista di Cosa nostra finito in manette il 16 gennaio di un anno fa, che dovrebbe una volta per tutte far tacere le dietrologie sul suo arresto, è questa. Due persone sole sapevano della sua malattia: una era il suo prestanome, Andrea Bonafede, il geometra che gli aveva prestato l’identità, «e non era pazzo a tradirmi», dice. L’altra era la sorella Rosalia, di cui il boss si fida come di se stesso. La conclusione sa di autocritica: «Mi avete preso per la malattia e per un errore mio, dirlo a mia sorella. Perché gliel’ho detto? Non volevo farmi trovare morto e nessuno in famiglia sapeva niente», dice.