Quando Totò Riina confidò “Il parrino comandava”. L’eroe civile in clergyman che ha svegliato la Sicilia

1993: continua la strategia stragista di Cosa nostra e il suo attacco alle istituzioni, sebbene il 15 gennaio, dopo una latitanza lunga ben 23 anni, sia stato arrestato Totò Riina. Il potere dell’ala stragista di Cosa nostra resta saldamente nelle mani di Leoluca Bagarella, Matteo Messina Denaro e dei fratelli Filippo e Giuseppe Graviano. La ferocia dei “corleonesi” non si arresta peraltro all’interno dei confini dell’Isola. L’elenco degli attentati di Cosa nostra nel “continente” è terrificante: dopo le bombe di Firenze e Milano, che fanno dieci vittime, nella notte fra il 27 e il 28 luglio due ordigni esplosivi esplodono quasi contemporaneamente davanti alle basiliche di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro a Roma. Con quest’ultimo attentato, fortunatamente senza vittime, Cosa nostra si prefigge di intimidire la Chiesa dopo il vibrante messaggio lanciato da Papa Wojtyla ad Agrigento il 9 maggio del 1993. In quell’occasione il Papa, scosso dall’incontro con gli anziani genitori del giudice Livatino, gridò: «Nel nome di Cristo crocefisso e risorto… mi rivolgo ai responsabili: convertitevi. Un giorno arriverà il giudizio di Dio».